venerdì 2 marzo 2012

Ascoltate gli autistici! (prima parte)

di Jean-Claude Maleval*



Gli autistici che scrivono non sono dei ʻletterati folliʼ. Non credono, come questi ultimi, di aver fatto una grande scoperta. Sono dei soggetti da prendere sul serio. Si esprimono per far sapere che sono degli esseri intelligenti, per essere trattati con più considerazione e per far sì che che vengano rispettate le loro invenzioni architettate per contenere lʼangoscia. Forse che si augurano che venga legalmente interdetto il loro ascolto per sottometterli, più spesso senza il loro consenso, a dei metodi di apprendimento? Bisogna prendere il partito di ascoltarli o quello di contraddirli? Scegliere di ascoltarli espone a confrontarsi con delle opinioni che disturbano.

Una delle autistiche ad ʻalto funzionamentoʼ tra le più conosciute, Donna Willliams, non esita, di fronte alla questione del trattamento dellʼautismo, a dichiarare con forza: “Il migliore approccio” - scrive - sarebbe “quello che non vendesse lʼindividualità e la libertà del bambino a vantaggio dellʼidea di rispettabilità e impressionabilità dei genitori, degli insegnanti o dei consulenti” (Nessuno in nessun luogo, Armando, Roma 2006, p. 172-173)

Un'altra autistica, Temple Grandin, conferma: "Le persone che maggiormente mi aiutarono furono sempre quelle più creative e meno convenzionali" (Pensare in immagini, Erickson, Trento 2001, p. 107). La psicoanalisi non è una, è multipla come lo sono le pratiche psicoanalitiche; eppure hanno tutte un punto in comune: sono fondate sull'ascolto dell'altro. Pensare di interdire legalmente l'ascolto di un gruppo umano rivela un'ideologia politica soggiacente tra Ie più inquietanti. Certamente non ogni ascolto è psicoanalitico, ma come farà il legislatore a fare la differenza tra la pratica nociva dell'ascolto psicoanalitico e quella benefica autorizzata? Il suo ruolo, inoltre, è quello di raccomandare gli approcci sordi all'ascolto delle particolarità del soggetto autistico? Questo sembrerebbe in rottura con la Dichiarazione dei diritti delle persone autistiche, proposta da Autismo Europa e adottata dal Parlamento Europeo il 9 maggio 1996. In questo documento si chiede di riconoscere e di rispettare i desideri degli individui, in modo che gli autistici abbiano "il diritto di non essere esposti all'angoscia, alle minacce e ai trattamenti abusivi". Come si potrebbe fare tutto ciò senza essere in ascolto di quanto loro stessi ci dicono?

Tutte le pratiche psicoanalitiche hanno in comune di raccomandare il rispetto del
singolo e il suo non riassorbimento nell'universale. E' quanto desiderano all'unanimità gli autistici che si esprimono. Non è in primo luogo agli studi randomizzati, che permettono una valutazione scientifica impeccabile, che conviene chiedere come trattare l'autismo; sono gli stessi soggetti implicati che ci insegnano di più. Essi possiedono un preciso sapere su loro stessi. Dobbiamo prendere seriamente i consigli dati da Jim Sinclair ai genitori, consigli che si rivelano molto utili anche per gli educatori e i clinici: "I nostri modi di entrare in relazione - afferma in nome degli autistici - sono diversi. Insistete sulle cose che le vostre aspettative considerano come normali e incontrerete la frustrazione, la delusione, il risentimento, forse anche la rabbia e l'odio. Avvicinatevi rispettosamente, senza pregiudizi, e preparatevi ad imparare cose nuove e troverete un mondo che non avreste mai potuto immaginare” (J. Sinclair, Don't mourn for us. Autism Network International, in Our voice, 1993, 1, 3). Un'autistica mutacica e colta come Annick Deshays mostra la sua veemenza nel rivendicare una presa in carico degli autistici che non ceda sulla loro singolarità: "Perché fare delle discussioni su degli scritti ufficiali che riguardano la presa in carico delle persone autistiche se gli interessati stessi non hanno diritto alle informazioni, ancor meno alla parola?" scrive sul suo computer (A Deshays, Libres propos philosophiques d'une autiste, Presses de la Renaisssance, Paris 2009, p. 57). Lei si oppone ai metodi educativi che disegnano a priori il programma delle tappe dello sviluppo da superare: "Disegnare un piano scientifico di educazione con gli autistici, in modo uniforme e unilaterale, produce un regime di dittatura protettrice. [...] Occorre trovare la facoltà (o le facoltà) di ogni persona autistica prima di stabilire un cammino educativo".
Considera inoltre che: "Fare del comportamentalismo è incitare a renderci 'facili' attraverso una formattazione che riduce la nostra libertà di espressione; è inasprire iI nostro grave problema di identificazione e umanizzazione". Cerca così di farsi capire dagli specialisti per far passare questo messaggio: "Dire a chi decide fin da oggi, che pensare per noi rischia di svuotare la «sostantifica midolla» (Rabelais) della nostra ragione di esistere". Contrariamente a questi metodi, lei esalta "il rischio di un dialogo" e la volontà di "addomesticare la paura che isola", invita poi a cercare di "apprezzare i tratti umoristici propri" allo stile che gli autistici hanno di guardare la vita". Tutto questo - lei aggiunge - "obbliga a lavorare più in unicità che in uniformità, più in relazione duale che in contesti unilaterali". Come la maggior parte degli autistici, lei chiede di essere considerata come un soggetto capace di creatività che è bene tenere in conto: "Issiamo le nostre conoscenze secondo il nostro buon volere - sottolinea - dispiegando un potenziale che ci è proprio. [...] Più prendo parte alle decisioni che mi riguardano - aggiunge lei - più ho l'impressione di esistere interamente".

Se non vengono ascoltati, molti autistici finiscono per rassegnarsi a ciò che si impone loro; in compenso, quando il soggetto possiede i mezzi per esprimersi emerge sempre. Così Donna Williams non nasconde la sua ribellione in presenza di certe tecniche educative. Negli anni '90 fece uno stage in una casa specializzata per bambini in difficoltà osservando due educatori zelanti nel loro lavoro con una bambina autistica. Fu colpita dal fatto che loro non conoscessero il mondo interiore del bambino. "Rimasi lì. Soffrendo per quel bombardamento del suo territorio personale da parte dei loro corpi, del loro respiro, del loro odore, delle loro risa, del movimento e del loro rumore. In modo maniacale scuotevano sonaglini, muovevano oggetti davanti alla bambina come se fossero un paio di zelantissimi stregoni che sperassero di spezzare il malvagio incantesimo dell'autismo. La loro interpretazione dell'avvertimento sembrava essere quella di sovraccaricare la bambina di esperienze che, nella loro infinita saggezza di 'mondo', le avrebbero portato. Ebbi l'impressione che, se avessero potuto impadronirsi di un 'piede di porco' e usarlo per aprire la sua anima e ficcarle dentro 'il mondo', lo avrebbero fatto senza mai accorgersi che il loro paziente era morto sul tavolo operatorio. La bambina gridava e si dondolava, le braccia alzate contro le orecchie per tener fuori il rumore e gli occhi incrociati per arrestare il bombardamento del 'rumore visivo'. Guardavo quella gente e avrei voluto che imparassero cosa fosse l'inferno sensoriale. Stavo assistendo ad una tortura, in cui la vittima non aveva nessuna possibilità di difendersi con qualsiasi linguaggio comprensibile [...] Erano chirurghi che operavano con attrezzi di giardinaggio e senza anestetico" (Qualcuno in qualche luogo, Armando, Roma 2005, pp. 28-29). Senza dubbio si ispiravano ad un metodo classico di apprendimento, che consiste nel presentare uno stimolo in sequenze ripetute, osservare poi la risposta del bambino e dare qualcosa per rinforzarla o inibirla. Una applicazione sistematica di questi principi viene raccomandata dal metodo ABA, fondato da Lovaas, almeno per 2 anni, in ragione di 40 ore a settimana, con dei bambini il cui consenso non è ricercato, anche se si sa che la maggior parte di loro percepiscono le domande come intrusive e minacciose.

Fin dalla sua apparizione la psicoanalisi disturba, rivelando che l'uomo non è padrone di se stesso; contrariamente alle illusioni della ragione, essa non annuncia una buona novella. Tuttavia la psicoanalisi perdura malgrado le critiche incessanti che testimoniano prima di tutto la sua vitalità. Attualmente, è sul terreno dell'autismo che si concentrano gli attacchi contro la psicoanalisi. In Francia - ad esempio - vengono in particolare da Autismo Francia, associazione di genitori da cui il deputato Fasquelle riprende l'argomentario in favore del metodo ABA, sottoponendo un progetto di legge che mira ad interdire le pratiche psicoanalitiche. In primo luogo, tra queste, il packing, già praticato da Esquirol cinquanta anni prima della nascita di Freud sotto il nome di fasciatura umida.

* J.C. Maleval è professore di psicopatologia allʼUniversità Rennes 2, Psicopatologo e Psicoanalista dellʼECF.

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