giovedì 22 dicembre 2011

Le trasformazioni del mondo del lavoro e il discorso del Capitalista (parte seconda)

di Guido Ferro Canale


Anzitutto, con S1 sotto barra, è almeno probabile un'espansione della dialettica immaginaria, un'oscillazione permanente del soggetto tra ciò che fa e ciò che vorrebbe fare. Di certo, non vorrebbe mai fare il precario: significante di un ruolo sociale, indubbiamente; ma è un S1 sotto la barra della rimozione, con cui, quindi, nessuno accetterà di identificarsi nel senso simbolico. Del resto, non gli corrisponde uno status preciso (perché S1, non è più legato direttamente a S2), se non quello della carne da cannone.
Ma il Capitalista ha ben saputo sostituire il vecchio ruolo sociale con qualcosa. "Conta ciò che fai", egli dice. Ossia, a $ si promette una soluzione in S2, il saper-fare, il sapere del servo. Come non leggervi l'esaltazione della tecnologia, caratteristica del nostro tempo? Al soggetto diviso non si prospetta più un'identificazione simbolica, bensì l'assorbimento della sua individualità e, all'estremo, la sua reificazione nel sapere che serve. Se ne trova una conferma precisa nella spersonalizzazione del lavoro: il Padrone di oggi è senza volto, è sotto barra, dominano gli standard di produttività e di efficienza. E le professioni più vagheggiate sono quelle dove il soggetto può ambire a riconquistare spazio, ma perché? Perché possiede un sapere raro o, come quello informatico, molto prezioso agli occhi del Padrone. Chissà, dunque, che questi non si decida a coccolarlo un po'!
La promozione di S2 assume, in campo lavoristico, forme precise: il curriculum, dove il soggetto si riduce appunto ad un sapere che spera sia quello desiderato; l'aggiornamento professionale, cioè un continuo rilancio della ricerca del sapere che serve; il bilancio delle competenze, momento di verifica della propria posizione. Si pensi anche all'espressione crediti formativi. Crediti nei confronti di chi, se non del Padrone o del Sistema?
Con il che, ho introdotto un altro tema, cioè il momento in cui il discorso del Capitalista si allea con quello dell'Università. Affinché il processo funzioni, occorre che questo mitico S2 prenda corpo, che si traduca in dati oggettivi, quantificabili, passibili di misura e verifica. Donde il linguaggio contabile (in una con l'illusione che il credito formativo corrisponda davvero ad un trovarsi “in credito”), ma anche l'esigenza di certificazione; occorre, cioè, l'autorità della scienza a garanzia di questo sapere. Ecco allora S1, non a caso sotto barra anche nel discorso dell'Università; ecco queste istituzioni un po' misteriose, come gli organismi certificatori, cui non corrisponde un'immagine sociale precisa, ma che nondimeno sono ammantati di un'autorevolezza indiscussa. Ecco anche, al di sopra di tutto questo, l'egemonia della scienza economica: di fronte al precario sfruttato non sta iù il Padrone cattivo, bensì la pretesa oggettività di un S2 (prassi commerciale e struttura del mercato); poco importa che, di fatto, ad esso soggiacciano scelte e logiche a strumentali a S1, dunque ad uno sfruttatore invisibile.
Ora la crisi ha rimesso seriamente in questione, nella coscienza comune, questo primato dell'economia; la pretesa totalizzante del discorso dell'Università si è scontrata, una volta di più, con a, sub specie del rischio finanziario, che si credeva esorcizzato. Sarà una premessa alla contestazione del discorso del Capitalista? Oppure le “nuove regole” tanto invocate non saranno che una forma più elaborata di inganno? Si vedrà.

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